La Kawasaki fu l'ultima casa motociclistica giapponese, in ordine di tempo, a sperimentare l'adozione del Turbo su una due ruote, con risultati assai più prolifici rispetto alle concorrenti giapponesi. Infatti all'epoca la sperimentazione di questo tipo di sovralimentazione era alquanto improvvisata, Honda e Suzuki provarono l'adozione della Turbina con scarsi risultati in quanto il cosiddetto strappo d'accelerazione (Turbolag) era eccessivo.
La Kawasaki non solo addolcì la spinta proveniente dalla Turbina ma la rese a tutti gli effetti una moto facile da guidare anche se la potenza per l'epoca era incredibile, ben 112 cv a 9.000 giri/minuto, con una accelerazione da 0 a 400 mt in soli 10.9 secondi ed una velocità massima di 233km/h! Il motore è un 4 cilindri, 4 tempi DOCH con raffreddamento ad aria e 2 valvole per cilindro, la cilindrata è di 748 cc, il rapporto di compressione di 7,8:1 mentre l'alesaggio x corsa è 66 x 54 mm. La sospensione anteriore è di tipo Anti-Dive da 37 mm di diametro ed escursione di 130 mm. Al posteriore troviamo invece l'Uni Track Single Shock (mono-ammortizzatore) regolabile in estensione. I freni anteriori sono a doppio disco di 280 mm mentre al posteriore c'è un disco singolo da 270 mm. Il cambio è a 5 marce mentre il peso è circa 240 kg. La misura delle coperture è identica alla sorella GPz 750 ovvero: Michelin da 110/90-18 all'anteriore e Michelin da 130/90-18 al posteriore. La piccola turbina è posta sotto ai collettori di scarico.

Un esemplare da collezione, ma anche da turismo, certo non sarà confortevole come le attuali Super-Turismo, ma si lascia guidare con una facilità disarmante. Il piacere di guida si sente già dai primi chilometri e difficilmente braccia e ginocchia chiedono aiuto. In queste due foto appare con la livrea ufficiale del 1984, nera e rossa, con cerchi in lega all'interno di colore rosso e all'esterno cromati. Utilissima inoltre la maniglia posta sulla coda per l'appoggio del passeggero e ben visibile anche di giorno l'ampio fanalino posteriore, come del resto quello anteriore.

Fine.
a cura di Giovanni Yoyo Iodice e Kawamichele
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